Il Trail Name sul Pacific Crest Trail
Una delle abitudini più consolidate della tradizione dei long-distance trail americani, è l’assegnazione ad ogni hiker di un trail name.
Il trail name è qualcosa di più di un semplice soprannome. Ti fa sentire parte integrante della hiker-family, è la tua carta d’identità sul trail, il primo nome che dirai nel presentarti agli altri o che scriverai nei numerosi log lungo il percorso. Non importa quale sia stata la tua vita prima di arrivare al Terminus, il trail name ti farà sentire amato, perché qualcuno ti ha osservato e ha deciso la tua nuova identità.
Sempre che tu conceda agli altri di includerti nel loro campo di osservazione. Sembrerà banale, ma è chiaro che più rimani isolato o cammini da solo, e meno possibilità avrai di ottenere il trail name. I giorni di riposo in paese, i famosi ZERO o NERO (‘Near Zero’) rappresentano ottime occasioni per ricevere (o creare) un nuovo trail name.
Per quanto concerne il Pacific Crest Trail, di solito è nel tratto tra Warner Springs e Big Bear Lake (tra il miglio 109 e il miglio 270) che vengono decisi molti dei trail name utilizzati.
Almeno questa è stata la mia esperienza nel 2015, ma anche in questi ultimi anni la tendenza si è grossomodo confermata, nonostante il sempre maggiore numero di hiker.
Nel mio caso ad esempio, è nato in un pomeriggio decisamente alcolico a Idillwyld (mi. 180), il primo vero paese sul trail.
Il mitico Mac sul suo blog ha dato una spiegazione definitiva sulla necessità di avere un trail name sul PCT: ‘because you don’t want anything that happens on the trail to come back and find you in the real world’.
L’originale Italian Stallion
L’origine del mio trail name
‘Italian Stallion.’
Eh, già buttarlo lì così desta una certa impressione, ancora di più sapendo che c’è un pornoattore italiano che si chiama appunto ‘Lo Stallone Italiano’ e che negli States è il nomignolo affibbiato fin dagli anni ’80 a Rocky Balboa.
Due personaggi lontani fra loro ma che fanno della prestanza fisica una delle loro caratteristiche principali. O almeno credo; non ho mai avuto la fortuna di vedere il signor Stallone italiano all’opera.
Da qualsiasi angolazione lo si volesse interpretare, pareva un nome decisamente fragoroso.
Ricordo bene l’occasione e il luogo in cui è stato concepito ‘Italian Stallion’: uno dei mitici bungalow di Idillwyld, quelli che si affittano in 4 hiker e in cui si finisce per dormire in 12 almeno per ammortizzare le spese, sul pavimento tra lattine di birra vuote e indumenti puzzolenti.
Mi sfugge invece di chi sia la paternità del nome, anzi direi la maternità in quanto sono sicuro che sia stata una ragazza a buttarlo in pasto al gruppo già rintronato da alcool e weeda, che lo ratificò a suon di ululati di approvazione.
Non saprò mai, o forse lo sapevo ma non lo ricordo più, se centrava la nomea di sciupafemmine che ancora gli italiani si portano dietro, o una presunta – davvero solo presunta – eccessiva velocità da parte mia nei primi 10 giorni di cammino. Non ho mai fatto niente di più delle ecumeniche 18-20 miglia al giorno, ma è vero che essendo partito a maggio mi sono ritrovato molto spesso a raccattare la coda del gruppo di hiker, finendo spesso intrappolato nel leggendario gorgo soprannominato ‘hiker vortex’, un cerbero di pigrizia e fancazzismo capace di stroncare anche il thru-hiker più motivato, che merita decisamente un articolo dedicato. Mi prometto di farlo.
Dai sfogo alla creatività
La tradizione dei trail name è anche una occasione per mostrare agli altri la tua creatività. Ho notato che la reputazione di un hiker sul PCT è direttamente proporzionale al numero di trail name che ha creato.
Anche se per noi europei può essere difficile per una questione linguistica trovare soprannomi efficaci, a volte è proprio nella nostra non esaustiva conoscenza della lingua inglese e delle abitudini americane che si trova il guizzo per creare trail name indimenticabili.
Non abbiate paura di mettervi in gioco sull’argomento, ne va della vostra credibilità di hiker. (sì avete capito bene. Non è il numero di miglia percorse al giorno che vi farà apprezzare dalla hiker family, ma piuttosto quanti trail name avete inventato o quel pareo giamaicano che avete deciso di indossare mentre i vostri indumenti sono nel cestello della lavanderia.)
Io sono stato decisamente creativo durante le prime settimane di cammino, nonostante molti hiker che trovavo man mano sul trail avessero già il loro trail name (ritorno al concetto di hiker vortex di cui sopra).
Almeno una delle mie creazioni credo meriti di essere raccontata ai posteri. Continua a leggere la storia di Border Patrol.
Dr Dree mi abbraccia per festeggiare il suo trail name
la mia lista di Trail Name
Border Patrol, il trail name più azzeccato che esista
Sono doverose alcune premesse.
Prima premessa. La storia che sto per raccontarvi non potrebbe succedere oggi, con oltre 50 partenze ogni mattina per ogni giorno di primavera. Difficile che qualcuno possa trovarsi mai solo al Terminus.
Seconda premessa. Al di là di quanto sia o meno azzeccato il trail name, questa storia offre un assaggio del livello di lucidità e di preparazione di alcuni hiker autoctoni, quelli per i quali partire per il PCT richiede lo stesso livello di preparazione di un barbecue sulla spiaggia della Jolla.
Terza premessa. Il Southern Terminus si trova a due passi dal confine con il Messico, protetto da una recinzione di contenimento alta più di tre metri. E piuttosto inquietante per chi ama gli spazi aperti e la libertà di movimento come me.
Insomma, il giorno della mia partenza eravamo appena in otto intorno al Terminus ad attendere il proprio turno per la foto di rito sull’obelisco.
Ed è qui che entra in gioco il nostro uomo, che avrebbe dovuto farsi trovare lungo la strada per Campo per aggiungersi al gruppo in provenienza da San Diego; dove eravamo stati ospitati da Scout & Frodo.
Al punto di recupero previsto, il presunto nono hiker non c’era. Raggiunto telefonicamente per pochi secondi, raccontò di aver già trovato un passaggio prima dell’alba per il Terminus.
Quella sera, a Lake Morena non arrivò mai. Ovviamente tutti pensammo si fosse fermato prima, dividendo in due tappe la prima lunga giornata di cammino.
Lo rividi solo una settimana più tardi nel posto di Mike, un potenziale ritrovo di spacciatori ed ex delinquenti dalle candide apparenze di oasi di riposo per gli hiker.
Insomma rivedendolo gli chiesi cosa fosse successo il primo giorno, scatenando l’ilarità degli altri hiker presenti.
Cioè il mitico Border Patrol, di cui ora non ricordo più il nome vero ma è appunto il motivo per cui ci diamo un trail name, insomma il buon vecchio Border Patrol una volta raggiunto il terminus prima dell’alba, invece di camminare verso nord sul sentiero, che oltre ad essere ben marcato è anche piuttosto intuitivo, prese a camminare lungo il confine, costeggiando la recinzione per un buon paio d’ore fino a venire fermato da una delle pattuglie di controllo della frontiera, i Border Patrol appunto.
Una leggenda assoluta.
Provo anche ad immaginare lo scambio di battute con i poliziotti disperati:
‘Ehi tu, dove stai andando’
risposta: ‘ In Canada’.
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