ECUADOR

Lo scultore infligge ferite profonde sul blocco di granito. Picchia con ardore lo scalpello sulla pietra. Incide e scava, rimuove la polvere di scarto, e di nuovo riparte. A sera il blocco giace inerme, ferito, scalfito solo per metà: ancora non ha una forma. Non ha un’anima. Solo si intravvede la meraviglia che diventerà.
Lo scultore stanco lo ammira, mentre rigira pensieroso lo scalpello tra le mani. Ricorda quanto il blocco era solido e lucente in origine. Ahi! Quella frattura è troppo profonda, forse comprometterà l’intera opera. E questa cuspide così aguzza? Non rappresenta certo il profilo che aveva immaginato.
Come lo scultore, anche il pittore lavora con passione sulla tela vergine. Quanto è ingannevole la sua leggerezza! In realtà mischia la tempera con il sudore, compromette i pantoni in unioni incestuose per creare colori nuovi e possenti, stravolge le prospettive per dare vita ad una suggestione onirica, innovativa, personale.

Questo è l’Ecuador. La più grande scultura mai realizzata e rimasta incompleta. O un quadro naif in cui il il grigio della roccia vulcanica, il verde della foresta e il blu dell’oceano sono predominanti.

Quito, la Mitad del Mundo

Edificata poco sotto la linea dell’Equatore, proprio come se fosse l’ombelico del modello nella posa immaginaria dell’artista, la capitale dell’Ecuador è una delle città più interessanti di tutto il Sud America, sospesa a quasi 3,000 metri e protetta da un guerriero invincibile che veglia senza sosta, il vulcano Pichincha.
La sua fondazione affonda sulle memorie delle civiltà pre-ispaniche che avevano costruito una fitta rete di villaggi prima di venire travolti e saccheggiati dai conquistadores spagnoli.
Dalla loro resa la città è progredita.
Oggi Quito non è solo il cuore politico ed economico dell’Ecuador, ma anche una delle realtà urbane più vivaci della regione dai punti di vista culturale e turistico, grazie ad una sapiente commistione tra l’antica cultura della Sierra e il cosmopolitismo degli ultimi anni.

Cattedrale di Quito
la Cattedrale di Quito, sullo sfondo il Panecillo

Il Nord

Un pugno di chilometri a nord di questa linea della vita, la Mitad del Mundo, comincia la Sierra Settentrionale. È una zona ancora poco battuta dalle rotte del turismo internazionale, concentrato soprattutto sulle imponenti vette vulcaniche della Sierra Centrale, sulla sterminata e selvaggia giungla o sulla costa del Pacifico, dove si affollano porti di partenza per crociere indimenticabili tra le meraviglie naturali delle Galapagos. La Sierra Settentrionale è una scia di verde misterioso che separa l’Ecuador dalla Colombia. Appena fuori le lunghe propaggini urbane di Quito, comincia un frenetico alternarsi di picchi elevati, verdissime vallate e spaventosi dirupi, che all’improvviso si spalancano ai margini delle poche strade asfaltate e percorribili.

La Cordigliera delle Ande attraversa a sud il confine con il Perù, si snoda nelle province del Cotopaxi e del Chimborazo e traccia qui un doppio solco verso est, profondo centinaia di metri. Due catene montuose gemelle si sorridono a un tiro di schioppo, violate nell’intimo da centinaia di piccole fratture.
È qui che l’imponente spina dorsale rocciosa si separa dalla depressa zona tropicale che si estende fitta e impenetrabile per lunghi tratti. La terra sembra rimasticata da un vomere di aratro, i pochi mezzi di trasporto arrancano su improvvisi cambi di pendenza. Motori al massimo dei giri si surriscaldano nelle salite, le ruote dei carri saltano sulle numerose sconnessioni della banchina. Ma poi ecco, dopo la curva, la salita finisce e con gioia il carro si tuffa in una discesa folle, il motore rifiata in attesa del prossimo sforzo.
Già sullo sfondo troneggia il ghiacciaio azzurro del vulcano Cayambe – 5.800 metri sul livello del mare – mentre a oriente le umide terre tropicali sono rifugio per decine di specie ornitologiche scomparse nel resto del continente. Un avamposto delle Galapagos sulla terraferma.

Atahualpa Ecuador
Atahualpa, al confine con la Colombia
Ed ecco Otavalo, con il caratteristico mercato artigianale, protetto dalle spalle possenti del vulcano Fuya Fuya. Puellaro, San José de Minas, Atahualpa: il territorio qui mantiene intatte le impronte della tradizione inca, piccoli villaggi e migliaia di famiglie non si arrendono al progresso e tramandano di generazione in generazione tradizioni e antichi rituali.
Il paesaggio è genuinamente bucolico. Uomini a cavallo occupano i lati delle strade e vengono superati da gruppi di persone stipate sul cassone di un pick-up. Capre, maiali e galline scappano spaventate dai bambini chiassosi che giocano nei campi come si gioca in tutto il mondo: dando calci ad un pallone. impressiona per la sua normalità. Ecco, è soprattutto questo: questo senso di normalità e quotidianità. É un po’ come fare un salto indietro nel tempo, nel passato dei genitori, quel passato che ancora si può sentire raccontato da un nonno con gli occhi lucidi.
L’Ecuador è uno dei paesi più piovosi al mondo e in questa regione la terra è fertile e prolifica: piantagioni e coltivazioni crescono rigogliose anche a questa altitudine elevata dando sostentamento agli esseri umani ma anche a molti mammiferi che poi restituiscono latte, uova, carne, lana.
esperanza ecuador
la difficile vita degli allevatori a 3,000 metri di quota

La Sierra centrale e i giganti delle Ande

A sud di Quito si entra nella maestosa Sierra Centrale, la Regione dei 6,000 metri. I nomi sono epici, quelli che si sentono fin da bambino se sei un appassionato di montagna: Chimborazo e Cotopaxi soprattutto, giganteschi coni ricoperti di ghiaccio pannoso e polvere di stelle che riempiono i sogni degli arrampicatori.
A dimostrare che l’Ecuador è un paese genuinamente contadino anche qui si lavora la terra ma è più difficile coltivare, fa freddo, un freddo umido di pioggia, che ti si attacca addosso. Le comunità indigene faticano ad uscire dalla sottile schiavitù dell’indigenza, che è soprattutto culturale. Uno di quei pezzi che lo scultore non ha ancora finito, ma che reca una incommensurabile bellezza.
Si vive in modo umile e primitivo, ancestralmente rurale, smaccatamente antiquato. Le coltivazioni gelano, si perdono i raccolti. I pendii sono ripidi e duri da ammansire. I contadini lavorano con la zappa legati con le corde per non cadere. Le pendenze sono troppo forti, la terra scivola giù ad ogni temporale. Le loro case hanno pareti di pietra e fango e tetti di paglia.
Per fortuna quasi mai si patisce la fame.

Ecuador
Il vulcano Chimborazo, nella Cordigliera delle Ande

Chimborazo, 6,310 metri

Grazie al rigonfiamento della crosta terrestre nei pressi dell’Equatore, la vetta del Chimborazo è il luogo più lontano dal centro della terra: dovrebbe farlo apparire freddo e inospitale, ma a guardarlo bene sembra di più un placido re assiso su un enorme trono bianco.
Il paramo è verde e rigoglioso fino ai 4.000 metri, poi si trasforma in un deserto scuro di roccia e sabbia, dove cara-cara sbarazzine e curiose sconfinano nel loro volteggiare sicuro. Sopra i 5,000 è il bianco del ghiacciaio a prendere il sopravvento. L’aria è rarefatta, il respiro affannoso.

cotopaxi
il Cotopaxi sullo sfondo, l morbido paramo in primo piano

Cotopaxi, 5,897 metri

Poi viene il Cotopaxi, il collo della luna come lo chiamano i local: questo perché in alcuni periodi dell’anno, più o meno intorno al solstizio di primavera, la luna sembra salire direttamente dal centro del cratere del vulcano.
É una delle montagne più affascinanti del Sudamerica: scalare i suoi 5.897 metri è un’esperienza unica, ma non alla portata di tutti. Il

Il Parque Nacional de Cotopaxi con i suoi 34,000 ettari di territorio protetto sono di certo uno dei motivi principali per visitare l’Ecuador ed è piuttosto facile capire perché. Foreste impregnate di vita fino ai 3,500 metri, un paramo delicato, ovattato a rendere dolce il trekking sale fino alle altissime quote, una condizione di terreno che è possibile ritrovare solo sulle Ande.

La foresta amazzonica

Abbandonando la provincia del Cotopaxi nel disegno entrano delle linee blu che corrono verso est. Sono i grandi fiumi che ruggiscono in direzione del Rio delle Amazzoni, la cui porta d’entrata è saldamente protetta da un altro vulcano dal nome altisonante, Mama Tungurahua. Diversa in qualche modo dai suoi fratelli maggiori Chimborazo e Cotopaxi. Qui la neve non riesce a fermarsi a sufficienza per diventare perenne. E così alimenta il Rio Pastaza in cui tutto scorre, nel verde lussureggiante delle sue pendici e nella suo frenetico inseguimento al Rio delle Amazzoni nel quale si getterà migliaia di chilometri più a sud.
Baños è l’ultimo avamposto andino prima della grande giungla che è già un po’ giungla, con la cascata della Vergine proprio al centro del paese e le acque che scorrono verso la foresta dando vita a spettacolari cascate come El Pailon del Diablo.

El Pailon del Diablo
El Pailon del Diablo

La costa pacifica

L’oceano, con le correnti di acqua calda e fredda che si intrecciano proprio come i colori del pittore, da vita ad un ecosistema costiero sorprendente. Da Manta giù fino all’azzurrissima spiaggia di Salinas, passando per la chiassosa e festaiola Montañita, la costa pacifica è un susseguirsi di foreste fitte e variopinte che digradano verso spiagge incontaminate e selvagge, abitate da scimmie, cervi e moltissime specie di uccelli. Il mare infinito sarà punteggiato dagli sbuffi delle megattere durante le loro migrazioni verso l’Oceano Antartico.

salinas ecuador
Salinas

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