7 esperienze indimenticabili per vivere l’Ecuador al meglio
Non credo ci sia bisogno di aggiungere molto per rivelare quanto l’Ecuador sia prezioso: la maestosità delle Ande, la ricchezza della vegetazione nella foresta amazzonica, l’unicità delle Galapagos, l’acqua prorompente dei fiumi e quella curativa delle sorgenti termali.
Quito e Cuenca, affascinanti città coloniali.
Tanti ecosistemi tra loro molto diversi convivono .
Ma incredibilmente vicini tra loro. Basta uno sguardo alla cartina per rendersi conto di quanto in Ecuador tutto sia concentrato in una mancìata di chilometri, rispetto ad esmepio alla dispersione dei suoi vicini Brasile e Perù.
Anche facendo base a Quito è possibile andare dappertutto in mezza giornata o poco più.
Per un backpacker questo significa riassumere molteplici esperienze di vita in poco tempo, e la possibilità di avvicinarsi alla cultura quechua e al recente sviluppo di un turismo solidale e comunitario. Ancora molto economico.
In questo articolo vorrei indicarti 7 luoghi o meglio 7 esperienze da fare per scoprire l’anima vera del paese, che forse non troverai negli itinerari classici suggeriti.
1. Prova il turismo comunitario nel villaggio andino de La Esperanza
La Esperanza è una comunità quechua (o Kichwa) situata nel cuore delle Ande centrali dell’Ecuador, a 3,600 metri di altezza sul livello del mare.
Un villaggio rurale di 350 persone che vivono prevalentemente di allevamento e di agricoltura, lavorando i campi ripidi e scoscesi della cordigliera centrale. Il rapporto con la Pachamama, la madre terra, è simbiotico.
Fino a pochi anni fa La Esperanza era un villaggio di capanne fatte di fango e paglia, con pochi bagni condivisi tra le famiglie di agicoltori i cui figli non avevano accesso all’istruzione primaria, anche perché scendere al paese più vicino significava camminare per 5 chilometri su una strada sterrata spesso resa impraticabile dalle piogge intense.
Grazie al lavoro dell’associazione Ayuda Directa, che da anni si occupa dello sviluppo socio-culturale di questa area, e delle decine di volontari italiani ed europei (di cui mi onoro di aver fatto parte) che hanno dato una mano, da qualche anno si è sviluppato il concetto di turismo comunitario grazie alla costruzione di 2 choza, le case tradizionali andine, costruite in terra e con il tetto in paglia intrecciata.
Passare qualche giorno a contatto con la comunità de La Esperanza avrà un forte impatto emotivo: la possibilità di scoprire e dare forza alle tradizioni indigene che secoli di sottomissione colonialista a cui l’Ecuador è stato sottoposto hanno messo in ombra, rafforzare la fiducia e l’autostima della comunità, ma soprattutto partecipare ad un turismo sostenibile, basato su uno stile di vita armonioso con la natura e a basso impatto ecologico.
Come arrivare
Il villaggio di Esperanza si trova nel Cantone di Colta, nella provincia del Chimborazo. Da Quito si può prendere un bus fino a Riobamba (3h circa in autobus) e poi prendere un altro bus facendosi lasciare al bivio di Mancheno (10 km dopo la città di Cajabamba, la più vicina alla comunità). A Mancheno si trovano auto private della comunità che per 3$ trasportano fino a La Esperanza.
Per maggiori informazioni e prenotazioni clicca qui.
(foto gentilmente concessa da AYUDA DIRECTA)
la comunità impegnata a intrecciare il tetto di paglia
(foto gentilmente concessa da AYUDA DIRECTA)
2. Cerca l’eterna giovinezza a Vilcabamba
Nel sud dell’Ecuador, a pochi chilometri dal confine col Perù, c’è un villaggio piuttosto modesto, di qualche migliaio di abitanti, che dagli anni ’70 incuriosisce gli studiosi.
Perché? Perché i suoi abitanti non muoiono mai.
Le leggende sulla longevità dei residenti si rincorrono e tramandono di generazione in generazione: come quella dell’uomo che in 127 anni di vita è stato in ospedale una sola notte, l’ultima, quando è morto. O di quell’altro che è diventato padre di due gemelli a 90 anni suonati.
Qual’è l’elisir di eterna giovinezza degli energici vecchietti di Vilcabamba? La perenne primavera con temperature comprese tra i 18° e 25° tuto l’anno? L’acqua pura della valle, una agricoltura senza inquinanti, una questione genetica, gli sciamani?
In ogni caso merita sicuramente un soggiorno: oltre ad incontrare arzilli ottuagenari che ogni giorno trascorrono 8 ore a lavorare la terra, si potrà assistere, come è capitato a me, ad una partita di calcio over 80. In cui per inciso uno degli attaccanti sembrava molto più scattante e in forma di me che ho 40 di meno.
E magari approfittane per bere molta, molta acqua.
Se vuoi approfondire la leggenda di Vilcabamba e le affascinanti curiosità che la ammantano di mistero ti suggerisco questo vecchio, ma appunto longevo, articolo del Corriere.
una anziana signora osserva suo marito nei campi
3. Il sito di Ingapirca
Ingapirca (‘Il muro degli Inca’ in lingua quechua) è un sito archeologico legato alla scomparsa civiltà Cañar. Il popolo indigeno dei Cañari sviluppò una civiltà incentrata sul culto lunare, che faceva risalire l’origine della propria stirpe a una catastrofe climatica. La loro storia incrociò quella degli Inca quando questi si spinsero a nord attraversando il Perù.
La pianta di Ingapirca disegna la figura di un puma pronto al balzo e il tracciato sinuoso delle fondamenta di edifici e vie – a cui sono in gran parte ridotti i resti attuali – richiama allo stesso tempo la forma della falce lunare. La Luna era infatti la divinità più importante a cui si rivolgevano i Cañari.
Al culto della luna, tramontato con l’arrivo degli Inca, era connesso quello primigenio di Pachamama, la Madre Terra, oltre ad una struttura sociale egualitaria e collettivista, che ancora oggi è molto presente nella cultura e nella società di tutto l’Ecuador.
Il sito si trova ad un ottantina di chilometri da Cuenca e sorge a 3,200 metri altezza.
il sito di Ingapirca
4. In bicicletta sulla Ruta de Las Cascadas
La Ruta de Las Cascadas si trova nella provincia di Tungurahua, uno dei vulcani attivi più vivaci nella storia recente dell’Ecuador, collega la città di Baños a Puyo ed è da considerarsi la pista d’accesso all’Amazzonia: una strada di 60 chilometri che scende di quasi 1.000 metri di altitudine lungo la valle del Rio Pastaza in uno scenario di vegetazione fitta e primigenia. Durante il percorso si potranno ammirare una dozzina di cascate tra cui la più spettacolare è sicuramente ‘El Pailon del Diablo’.
Capirai presto l’origine del suo nome nella potenza che sprigiona la cascata: questo salto d’acqua si trova qualche chilometro ad est di Baños ed è alto circa 80 metri. Seguendo il sentiero di avvicinamento alla parte bassa della cascata si incontra poi il ‘Grieta al Cielo”, che permette di arrivare ad una sorta di caverna proprio dietro la cascata.
Oltre al calderone del diavolo merita sicuramente una citazione anche ‘El Manto de la Novia’, dove una passerella panoramica permette di ammirare la cascata sia da sopra che da sotto.
Il modo ideale per visitare la Ruta de las Cascadas è certamente in bicicletta: la strada è sempre in discesa e può essere percorsa con calma fermandosi nei numerosi punti di osservazione, alcuni dei quali richiedono brevi trekking di avvicinamento per entrare nelle spaventose gole originate dal fiume Pastaza. Le bici noleggiate a Baños, potrete poi essere lasciate a Puyo dove verranno fatte rientrare all’origine in autobus.
lungo la Ruta de las Cascadas
5. In treno sulla Nariz del Diablo
Fare 800 metri di dislivello in due chilometri, con pendenze superiori al 30% in alcuni tratti, sembra impossibile?
Non deve essere sembrato così agli intraprendenti e coraggiosi ecuadoregni che all’inizio del XX secolo, agli albori dei collegamenti ferroviari in Sudamerica, decisero di collegare Quito a Guayaquil, le due principali città del paese.
La posa dei binari andò liscia all’inizio sino a quando, a circa 100 chilometri da Guayaquil, si trovarono di fronte una spaventosa parete di roccia di 800 metri, impossibile da aggirare: la Narice del Diavolo.
Non essendoci spazio per creare dei tornanti, i solerti ingegneri decisero di dividere la parete in brevi tratti a zig-zag, proprio come se fosse un sentiero di trekking su una morena molto pendente. In pratica il treno procede per un breve tratto e, arrivato alla fine della sezione, cambia binario e riprende a salire sin quando non arriva di nuovo a fondo corsa dall’altro lato, dove cambia nuovamente binario e direzione, e così via. Un immenso avanti e indietro lungo il fianco del monte, durante il quale il treno continua a salire, superando pendenze notevoli, sino ad arrivare a destinazione.
Un’opera maestosa soprattutto in considerazione della poca tecnologia di allora, che vide impiegati negli anni migliaia di lavoratori. La storia racconta che almeno 1,000 lavoratori sono morti durante questa impresa titanica.
Oggi la ferrovia è stata soppiantata dai mezzi di trasporto su ruota, ma sopravvive un tratto di 12 chilometri che collega Alausi con Pistishi e che affronta appunto il suo tratto più famoso e imperdibile per un turista!
ai piedi della Nariz del Diablo
6. A piedi sul Circuito di Quilotoa
La laguna di Quilotoa, con le sue acque verde smeraldo incorniciate nella caldera di un vulcano estinto, è da decenni una delle cartoline più preziose di tutto l’Ecuador. E una lezione di pratica meditativa a cielo aperto: basta mettersi seduti al suo cospetto e respirare, consapevoli del momento di bellezza che si sta osservando.
La laguna si è formata solo 800 anni fa, dopo una eruzione che provocò il collasso del vulcano. Sebbene le popolazioni locali narrano come leggenda che scenda sino al centro della terra, i geologi ritengono che sia profonda ben 250 metri.
I più pigri, una volta arrivati in auto nei pressi della laguna potranno ammirarla nel bellissimo e moderno Mirador de Cristal Shalalá, un avveniristico belvedere in legno.
Chi ha voglia di camminare può scendere i 400 metri di dislivello che separano dall’acqua per rilassarsi sulla riva o fare un giro in canoa nella laguna.
Per gli hiker è assolutamente raccomandato il circuito di Quilotoa: un trekking che permette di arrivare alla laguna dopo 3 giorni di cammino, attraversando caratteristici villaggi rurali dove è possibile pernottare e vivere al meglio l’esperienza di turismo solidale e comunitario.
Il percorso classico inizia nel villaggio di Sigchos, a nord rispetto alla laguna, dove si può arrivare in autobus da Latacunga. Con 3 tappe di 15 chilometri piuttosto semplici (ma è necessario ricordarsi dell’altura elevata) si concluderà il cammino nel villaggio di Quilotoa proprio nei pressi della laguna per rientrare poi in autobus a Latacunga.
la laguna di Quilotoa
7. Wild camping alla laguna di Mojanda
L’area di Mojanda si trova ad una dozzina di chilometri da Otavalo, a Nord di Quito, ma per arrivarci è necessaria una jeep 4×4 (si può prenotare un taxi anche da Otavalo) per inerpicarsi su una strada di pietre grezze, con i tipici strapiombi sudamericani ai lati del percorso.
Un’altra laguna, ma con un anima molto differente.
Quilotoa è luce e calore, circondata dai sorrisi delle comunità agricole quechua sembra messa in vetrina come se fosse la principale attrazione che l’Ecuador vuole mostrare al visitatore. L’area di Mojanda invece mostra un tratto più riflessivo del paese, il momento della giornata in cui anche l’ecuadoregno si ferma a pensare con il viso serio e leggermente corrucciato. È soprattutto il silenzio a farla da padrone. In una giornata di nebbia sembrerà di trovarsi da soli nell’universo.
Direi che Quilotoa è per tutti, Mojanda è soprattutto per hikers, incastonata tra tre cime sopra i 4,000 metri su cui salire con trekking piuttosto semplici. Il Fuja Fuja (4,279 mt) merita sicuramente la fatica della salita: la vista della laguna principale (ce ne sono anche altre più piccole) dall’alto è spettacolare.
Una volta ridiscesi, si può aggirare la laguna per portarsi ai piedi del Cerro Negro dove nei pressi del piccolo lago Huarmicocha è possibile mettere la tenda e trascorrere una notte assaporando lo spirito ancestrale del popolo inca.
la quiete e l’isolamento della laguna di Mojanda
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