Indonesia da scoprire: il tempio di Tirta Empul

Durante il mio viaggio in Indonesia c’è stato un giorno e un luogo preciso dove qualcosa nel mio carattere è cambiata. Forse per sempre.
Nei pressi della piacevole e turistica cittadina di Ubud, meta classica delle vacanze balinesi, ho compiuto un passaggio fondamentale verso una maggiore consapevolezza di quello che sono e di quello che è necessario fare per diventare migliore, o più somigliante a quello che desidero essere.
Il tempio di Tirta Empul (in balinese Pura Tirta Empul, il tempio dell’acqua che sgorga dalla terra) è situato intorno a una sorgente del fiume Pakerisan nei pressi della città di Tampak Siring, sull’isola di Bali, in Indonesia. Il tempio è uno snodo cruciale nel sistema di irrigazione delle risaie balinesi e di fondamentale importanza per la religione induista.

tirta empul canang

Pura Tirta Empul: il rito di purificazione

È una mattina di pioggia leggera, e sono stanco per la lunga traversata in pullman da Kawah Ijen a Bali. Una sosta in un luogo dalla grande spiritualità, o almeno così avevo letto, il tempio induista di Tirta Empul.
Già durante l’avvicinamento, nel traffico osceno a cui ho oramai fatto l’abitudine, mi colpisce il mio stato d’animo sorprendentemente ben disposto nei confronti di qualcosa che fino a pochi mesi fa avrei ritenuto poco più che folklore. Mi sorprendo a fantasticare se quello che vedrò potrà rendermi una persona più consapevole e aperta, migliore. Ho delle aspettative insomma.
Ho intenzione di partecipare al rito della purificazione con l’acqua della sorgente, ritenuta sacra.
Sommerso nel caos che avvolge il parcheggio, mi viene piuttosto difficile immaginare di poter trovare la pace interiore una volta varcata la soglia del tempio.
Comitive di turisti, di estranei come me, si mischiano ai balinesi nel loro giorno di festa: il contrasto cromatico tra le tipologie di visitatori è evidente e stride in parte con la solennità del luogo.

tirta empul entrance

l’ingresso del tempio

Mentre attendo il mio turno in fila per indossare il sarong, necessario per poter accedere alla zona sacra, mi chiedo per l’ennesima volta cosa ci sono venuto a fare ad un rito di purificazione religiosa, proprio io che ho smesso di credere da molto tempo.
Forse la risposta sta nel viso rilassato degli indonesiani che mi accolgono, o forse l’Induismo mi affascina perché unisce, a differenza di altre religioni, senza preoccuparsi troppo di quale sia il dio giusto a cui rivolgersi.

Il sarong

Nell’isola di Bali per accedere alle zone sacre dei templi induisti è necessario indossare un sarong, ovvero un pareo. Il sarong può essere noleggiato con una piccola offerta direttamente all’ingresso dei templi. Indossarlo è un segno di rispetto per la religione balinese.
Per gli uomini è consuetudine avvolgere il sarong da sinistra a destra, come rappresentazione del bene (dharma). Le donne devono invece indossarlo drappeggiandolo da destra a sinistra, un gesto che è simbolo dell’energia e dell’equilibrio femminile.

L’incontro con Kadek

Il sorriso di Kadek mentre si avvicina al mio gruppo mi toglie ogni dubbio.
Kadek è la guida locale che ho contattato per accompagnarci all’interno del tempio e darci qualche nozione di base sull’Induismo e sulla cultura balinese, ma soprattutto aiutarci a tenere un comportamento il più consono possibile durante la celebrazione del rito all’interno della piscina sacra.
Il suo viso da ragazzino è pieno di luce e ispira serenità. Parla con dolcezza e incisività al tempo stesso, e conclude ogni frase spalancando un sorriso radioso.
Avendo identificato in me il capogruppo e la persona più estroversa, mi sfida a chiedere ‘Come stai?’ in lingua balinese all’anziano monaco che supervisiona la distribuzione dei sarong. Dopo aver fatto alcune prove sorprendo il monaco facendo nascere un divertente teatrino. Apprezzo come anche nella sacralità del tempio ci sia lo spazio per farsi una risata.

tirta empul sarong green

il  sarong da indossare per entrare nella vasca sacra

Il sarong verde

Superato il tradizionale portale di pietra che evidenzia l’ingresso nel tempio, camminiamo per un centinaio di metri sul primo cortile (Jaba Pura) che si avvicina alla sorgente, già gremito di persone, mentre Kadek ci racconta la leggenda della sorgente, fatta sgorgare dal terreno da Indra, dio della folgore, per curare soldati e cavalli.
Sembrano tutti a loro agio tra i mille colori, i molteplici e non sempre gradevoli odori e le persone di ogni provenienza.
Nei pressi del secondo cortile (Jaba Tengah) entriamo in uno spogliatoio piuttosto basico per toglierci i vestiti. Mi viene dato un altro sarong, di seta verde e più leggero, assieme ad un nastro rosso da stringere in vita.

Il canang, l’offerta per essere accettati

Kadek nel frattempo ha preparato per ciascuno di noi il canang, il classico cestino di fiori colorati per la recitazione delle preghiere da fare prima di entrare nelle acque sacre. Accendo il bastoncino di incenso e mi siedo a gambe incrociate davanti all’offertorio. Chiudo gli occhi per meditare qualche secondo e chiedere il permesso di entrare nell’acqua. Sarà per tutti questi colori che ho intorno, per il profumo dei fiori o per le preghiere bisbigliate che sento in sottofondo, ma comincio a sentire la spiritualità e la suggestione gioiosa del rito.

tirta empul canang

la preparazione del canang

Qualcuno mi sfiora una spalla delicatamente, e quando riapro gli occhi mi rendo conto di essere rimasto da solo. I miei compagni di viaggio sono già in fila – una lunga fila – per entrare nella vasca.
Sono contento che sia così lunga: mi permette di rendermi conto che in me qualcosa sta già cambiando. Solo mezz’ora prima avrei inveito contro questa processione di persone, ora invece sono grato di avere più tempo per prepararmi al meglio.

tirta empul canang

i canang vengono lasciati anche nei pressi delle fontane

Il rito di purificazione

Nella vasca principale, a sinistra, ci sono 13 fontane; ma due sono dedicate ai riti funebri e dunque ne restano 11 per lavare via dalla mia mente tutto quello che non mi serve. Il rito si svolge in quattro distinti momenti di preghiera: la richiesta di accettazione nel tempio, i desideri, le paure e il perdono.
Ai desideri sono dedicate il maggior numero di fontane. Devono essere desideri non materiali, ma piuttosto di miglioramento del proprio carattere, di maggiore consapevolezza di quello che si è e di quello che si vorrebbe diventare.
Kadek ci istruisce sulla corretta procedura per ciascuna abluzione: una volta nell’acqua dovremo avvicinarci a ciascuna delle 13 fontane, bagnarci simbolicamente il viso per 3 volte e bere un sorso d’acqua.
Tutti sono giustamente contrari all’idea di bere l’acqua, sulla cui sacralità si può essere più o meno convinti ma che sulla purezza offre invece poca garanzia. Nessuno del mio gruppo berrà. Io mi sento predisposto a svolgere il cerimoniale nel modo corretto e chiedo un consiglio a Kadek che con il suo oramai familiare sorriso mi dice di credere. Berrò.
Un grosso ragno è appeso in modo inquietante sulla colonna di sinistra. Sembra quasi messo lì apposta, a tracciare con la sua ragnatela il confine tra il bene e il male, a custodire la sacralità della sorgente.

tirta empul canang

il protettore della sorgente sacra

È giunto il momento di entrare nella vasca.
L’acqua mi arriva alle ginocchia, è fredda, più fredda di quanto mi aspettassi. Grossi pesci, carpe, sguazzano tra i nostri piedi in modo piuttosto inquietante. I sassi sul fondo sono grossi, irregolari, qualcuno nella fila davanti a me scivola. Sono ancora piuttosto teso mentre mi avvicino al primo beccuccio, ma poi nella testa si fa strada una sorta di meditativa litania, dove cerco di riepilogare le cose che devo lasciare andare e quelle per cui essere grato.

 

tirta empul canang

nella vasca sacra

Il Jeroan

‘Ho visto che hai bevuto’ – mi schernisce con leggerezza Kadek mentre risalgo infreddolito sulla pietra che circonda la vasca.
Sono sorpreso che il rito sia durato quasi un’ora, il tempo nella piscina sembrava essersi fermato.
Mentre quasi tutti tornano verso lo spogliatoio per rivestirsi, io proseguo dietro alla vasca per raggiungere il terzo cortile interno del tempio, il Jeroan. L’area è trascurata dai visitatori, e posso così rilassarmi dopo la fatica spirituale della purificazione, isolato dal trambusto di chi staziona nei pressi della vasca.

 

tirta empul canang

il ringraziamento al termine della purificazione

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