Indonesia da scoprire: trekking notturno nel vulcano Kawah Ijen

Il complesso vulcanico di Kawah Ijen si trova nella parte orientale dell’isola di Giava, nella Reggenza di Banyuwangi. Il suo cratere principale ospita il lago acido più grande al mondo (ed anche il più acido, con un PH rilevato di 0,5!)  ed è l’unico luogo conosciuto dove si può assistere al fenomeno delle fiamme blu.
L’Indonesia ha oltre 150 vulcani attivi distribuiti soprattutto tra le grandi isole di Giava e Sumatra. I vulcani rappresentano una costante minaccia a causa delle potenzialmente devastanti eruzioni ma anche una fonte di sostegno per numerose popolazioni grazie alla cenere vulcanica che permette una grande fertilità dei terreni o, come nel caso del Kawah Ijen, all’estrazione dello zolfo, l’oro del diavolo.

Sono sceso all’interno del cratere di Kawah Ijen ad agosto 2022 ed è stata una delle esperienze più emozionanti che ho fatto in Indonesia. Ecco il racconto del mio trekking!

Trekking Summary

Banyuwangi, Isola di Giava

Start:
Paltuding Basecamp

End:
Blue fire Viewpoint

9 km (a/r)

D+: 550 mt

MEDIO

Kawah_Ijen_volcano,_Java

la caldera del Kawah Ijen e il lago acido vista dal satellite 

L’avvicinamento al campo base

Mi unisco al resto del gruppo poco dopo la mezzanotte davanti alla reception dell’hotel di Banyuwangi. I miei compagni di viaggio sembrano sfatti dal sonno e dalla fatica accumulata dalle giornate precedenti.
Una pioggerellina lieve, musicale, scende su di noi mentre controlliamo gli zaini vengano caricati sul van. Per un momento mi stupisco dal trovare le stesse identiche condizioni di quando sono andato a dormire, poi ricordo divertito che non sono passate nemmeno quattro ore.
Le guide si presentano con l’oramai familiare energia positiva e una carica di entusiasmo che rivela – oltre alla loro giovane età – la voglia di confrontarsi con i turisti e la cultura ‘occidentale’.
Ci stipiamo tutti sul pulmino e iniziamo il viaggio di avvicinamento al campo base di Paltuding, dove parte il trekking di quattro chilometri per il cratere principale del complesso vulcanico.
La notte è piena, robusta, le stelle coperte da nubi compatte. Il buio assoluto è rotto soltanto dalle luci rosse delle jeep sulla pista più avanti: altri escursionisti sono diretti al trailhead.
Dopo pochi minuti il van comincia a salire faticosamente sulla striscia di asfalto che è stata ricavata direttamente nella foresta.
La pendenza della strada è oscenamente elevata. O almeno così la fa sembrare la guida dell’autista, perlopiù in prima e seconda marcia, che costringe il motore a rumorosi fuorigiri. Sonnecchiando provo a figurarmi la natura selvaggia nella tenebra al di là del finestrino, e soffro pensando a quanto la stupriamo attraversandola a bordo di questi fuoristrada inquinanti. So bene che non c’era possibilità di arrivare altrimenti, ma la cosa mi disturba comunque e attenua l’eccitazione per l’avventura che sta arrivando.

La distribuzione delle maschere a gas

Giunti al parcheggio del campo base, abbandoniamo finalmente le auto e seguiamo la guida sotto una baracca di lamiera di pochi metri quadrati, riscaldata da un piccolo falò di puzzolenti pezzi di carbone. A fianco altre baracche pressochè identiche, a comporre uno slum in miniatura dove stazionano i parenti delle guide stesse, in cui cominciano ad affollarsi i differenti gruppi di hiker che scendono dai fuoristrada. Ci sistemiamo docili e assonnati su bassi panchetti di legno per bere una bevanda calda prima di cominciare l’ascesa; uno stop forzato a cui mi sottopongo volentieri, perchè il sorriso della donna che ci accoglie riscalda il cuore molto di più del caffè dolciastro e annacquato che mi mette davanti. L’Indonesia è fatta di tanti piccoli ma significativi momenti così.
Nel frattempo Pawh, la nostra guida, ci consegna le maschere a gas che dovremo indossare nel tratto finale della discesa verso il lago acido, all’interno della caldera.
Dopo un veloce brief sul trekking raggiungiamo l’inizio della salita assieme ad un gruppo rumoroso di persone, in attesa della apertura del sentiero. Sono le 2 di notte.

Kawah Ijen trailhead

l’apertura del trailhead alle 2 di notte

Sulla cresta del cratere

La prima parte del trekking sale con buona pendenza, superiore al 15%, e i turisti meno allenati iniziano ad accusare la fatica. Anche io adeguo il mio ritmo a quello dei miei compagni di viaggio, chiacchierando con le giovani guide indonesiane di calcio, ascoltando i loro sogni che celebrano con l’entusiasmo della giovane età.
A metà circa della salita rimango indietro di qualche metro rispetto al gruppo compatto per assaporare il buio, il respiro del vento sugli alberi, il sentore di zolfo appena percettibile. Si vede poco o nulla appena ci si sottrae dal fascio delle luci, ma si percepisce la forza della foresta che abbiamo intorno, l’energia calda della Terra di sotto, la fatica cocciuta dei minatori che scendono nel cratere da centinaia di anni per raccogliere lo zolfo.
Arriviamo sulla cresta del cratere poco dopo le tre di notte, il Garmin mi indica che abbiamo percorso 3 chilometri e mezzo e poco più di 400 metri di dislivello. Il vento è impetuoso, nuvole acide risalgono dalla caldera e l’odore marcio dello zolfo comincia ad essere insopportabile.
In una confusione di voci cerco di radunare il gruppo per la parte più impegnativa che ci attende: la discesa verso il lago acido, alla ricerca dei fuochi fatui. Poco più di 200 metri di dislivello da percorrere su un sentiero intagliato nella roccia. Si procede incolonnati, spesso accecati dalle frontali delle persone che ti precedono, su sassi resi scivolosi dalla pioggia.

Discesa negli inferi

Dopo l’ennesimo salto di roccia indosso la maschera antigas e riprendo a scendere nella caldera circordato da un buio vaporoso e pregno di zolfo. Le condizioni dell’aria sono decisamente peggiorate: oltre a fare maggiore fatica ad inspirare l’aria satura di anidride solforosa comincio ad avvertire la testa pesante. La processione di lampade frontali traccia chiaramente la via verso il lago acido: nel fumo che annebbia la vista pare una processione di anime messe in fila e costrette a discendere all’inferno.
Un’immagine che mi riporta alle parole blasfeme di Quintessence dei Darkthrone.
Giunti ai piedi della caldera, sulla sponda meridionale del lago di cui ancora si percepisce appena la presenza, devo schermarmi gli occhi, non protetti dalla maschera. I gas sulfurei bruciano non solo i polmoni, ma la pelle, gli occhi, tutto quello che non è protetto. Sento alcuni escursionisti tossire in mezzo alle folate della nube tossica.

kawah Ijen blu fire viewpoint

all’interno del cratere

Quando finalmente riesco a riaprirli scorgo un gruppo numeroso di persone che si affollano intorno ad un rigagnolo che sgorga dalla miniera dove da mezzo secolo i minatori estraggono lo zolfo utilizzando appositi tubi di metallo. Altri li avevamo incrociati sul pendio, mentre risalivano affaticati e neri di polvere con lo zolfo appena estratto. Una immagine di cruda fatica che è stata raccontata benissimo da un reportage fotografico dell’amico Pierpaolo Mittica che vi invito a leggere.

Il fuoco blu

Per raggiungere l’acqua devo farmi largo tra decine di anime che invece di un posto all’inferno hanno una visione del paradiso.
Il fuoco blu scorre proprio come un magma liquido nel lago acido, incendiandosi in continui fuochi fatui che possono anche alzarsi di qualche metro.
È uno degli spettacoli più belli che abbia mai visto. Il paesaggio è surreale: il buio, i fasci di luce, il fumo, le fiamme blu, i turisti con le maschere: pare di essere su un pianeta alieno o sul set di un film di fantascienza.

kawah Ijen blu fire

le fiamme blu

Mentre i primi arrivati cominciano a risalire e i primi chiarori dell’alba attenuano il fenomeno dei fuochi fatui, arrampico sulle rocce alle spalle della zona di estrazione e trovo un posto tranquillo in alto, lontano dagli escursionisti che si attardano per fare la foto migliore per instagram, e mentre albeggia comincio a risalire il cratere.
Ecco che la luce del giorno comincia a svelare la meraviglia che avevamo tutti solo intuito, con il giallo arancio dello zolfo solidificato che tratteggia la roccia e il verde azzurrognolo e invitante del lago.
Non fatevi ingannare dalla quiete placida con cui il lago si presenta. Non metteteci i piedi dentro.

kawah Ijen blu fire

finalmente l’alba mostra il lago acido

Kawa Ijen fai da te

Il complesso vulcanico di Kawah Ijen si trova nella parte orientale dell’isola di Giava. La città più vicina è Banyuwangi, raggiungibile in treno da Yogyakarta oppure in traghetto dalla vicina isola di Bali.
Le possibilità di pernottare a Banyuwangi sono numerose e per tutte le tasche: essendo un trekking notturno vi consiglio di risparmiare sul prezzo dell’hotel tanto ci rimarrete davvero per poche ore. Il trailhead di Pos Paltuding dista 25-30 chilometri da Banyuwangi dunque è necessario un mezzo di trasporto che potrete richiedere in loco o direttamente all’hotel. Il guidatore verrà a prendervi all’orario stabilito e vi attenderà – verosimilmente dormendo in auto fino al vostro ritorno!

Guida si o no? Sebbene la guida non sia strettamente necessaria per la discesa nel cratere (vi basterà seguire gli altri) quasi tutti i local cercano di proporvela assieme al noleggio delle maschere a gas. Vi suggerisco di accettare: i costi sono contenuti e il turismo è una importante fonte di reddito per le famiglie che vivono nei pressi del vulcano.

kawah ijen trail

il trail per arrivare sulla cresta del vulcano

kawah ijen trail

la foresta che circonda Kawah Ijen

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