Trekking a Tenerife: 3 giorni nel Parco Rurale di Anaga

Tenerife è l’isola ideale per ogni tipo di vacanza, non solo per il clima mite e le incantevoli spiagge, ma anche per le sue mille anime adatte a soddisfare il viaggiatore più esigente. Cosa fare a Tenerife con lo zaino e il sacco a pelo? Nel raggio di pochi chilometri si possono affrontare molteplici esperienze: camminare tutta la notte per ammirare l’alba sulla cima del vulcano Teide, per poi pranzare nella signorilità ostentata de La Orotava e godersi il tramonto in totale solitudine con i piedi nell’oceano.

Indice dei contenuti

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1. IL Parco Rurale di Anaga

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2. Il mio itinerario di 3 giorni

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3. Cruz del Carmen – Roque Bermejo

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4. Roque Bermejo - Afur

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5. Afur - Punta del Hidalgo

Il Parco Rurale di Anaga

Tra i molti percorsi di trekking che Tenerife offre, l’area a mio avviso più interessante si trova nella regione nord orientale, occupata dal selvaggio e maestoso Parco Rurale de Anaga, un regno di affascinante biodiversità attraversato da chilometri di sentieri per esplorarne praticamente ogni angolo. Il parco occupa un’area di 14.000 ettari ed è – geologicamente parlando – la zona più antica dell’isola. È una regione montuosa caratterizzati da lunghi barranchi creati dall’acqua che terminano in solitarie baie di nera sabbia vulcanica. È punteggiato di villaggi ancora abitati, in cui è possibile trovare qualche ristorante qua e là (ho mangiato in un delizioso ristorante francese!) e sistemazioni provvisorie per dormire visto che il wild camping è proibito in tutta la regione. Dopo qualche ora nei Parco Rurale di Anaga, vi risulterà davvero difficile credere di essere davvero, ancora, a Tenerife. A me personalmente ha ricordato la foresta che divide Ecuador e Colombia.

Già avvicinandosi al massiccio gruppo montuoso di Anaga da cui la regione prende il nome, ci si rende conto di come il clima sia molto diverso rispetto a quello mite e soleggiato della parte meridionale dell’isola. Un ambiente fresco e ideale per il trekking; dove la nebbia avvolge le foreste rendendo il panorama spettrale e incantevole al tempo stesso, salvo spalancarsi a incantevoli viste a cielo aperto in prossimità delle ripide discese verso il mare.

Il mio itinerario

Questo è l’itinerario del mio trekking di 3 giorni all’interno del parco. Non ho fatto nessuna pianificazione e non avevo la tenda con me: ho semplicemente camminato seguendo l’istinto, deviando sui sentieri che mi ispiravano sensazioni particolari, o nelle direzioni che potevano portarmi giù fino al mare o ad un insediamento abitato. Alla stregua di John Muir, ho scelto di non preoccuparmi dei ricoveri notturni, sicuro che in qualche modo avrei trovato qualcosa. E così è andata.

START: CRUZ DEL CARMEN

END: PUNTA DEL HIDALGO

62 KM

20-24 ORE

D+: 1,600 MT

BASSA

Giorno 1
Cruz del Carmen – Roque Bermejo 24.3 km
D+: 1,250 metri

L’autobus mi scarica nel parcheggio pressochè deserto dell’ufficio informazioni del parco. È ottobre, fa freddo, il mondo è in ansia per il Covid. Non mi stupisco certo di essere da solo. Mi avvicino al mirador per ammirare San Cristobal de La Laguna, ma le nuvole sono così fitte verso il mare che è impossibile vedere qualcosa. Ancora non piove, ma l’aria frizzante mi fa pensare che possa succedere presto.

Nello zaino oltre al sacco a pelo e al piumino ho il fornelletto, qualcosa da mangiare per un paio di giorni e due litri di acqua. Comincio a camminare sulla statale per raggiungere il punto più alto del Parco, la Cruz de Taborno posta a 1,024 metri su cui soffia un vento quasi glaciale. È davvero difficile orientarsi, la nebbia incombe ed è impossibile scattare qualche fotografia. Il Parco ha deciso di mostrare subito la sua natura agguerrita. Dopo aver oltrepassato il Pico del Inglés (995 metri) seguo una stradina asfaltata fino ad arrivare al piccolo villaggio Roque Negro e continuo in direzione nord-est. In questa sezione i sentieri continuano a fare in & out dalla strada principale. Procedo così per una decina di chilometri, con qualche spruzzata di pioggia ma protetto dalla volta robusta della foresta.

Il bosco incantato.

Un paio di chilometri dopo aver attraversato la località El Bailadero – più che altro un incrocio delle due strade principali dell’area – il GPS mi indica che sono nei pressi di Anambra, la foresta di laurisilva. El bosque encantado. Mi immergo nel bosco senza preoccuparmi dei cartelli che vietano l’accesso a chi è sprovvisto di permesso; non ho ancora incontrato nessuno. Ora piove più forte, ma la pioggia non fa altro che rendere il sentiero più magico. Gli arbusti sono piegati ad arco nella tipica conformazione della laurisilva creando una sorta di tunnel verde in cui mi immergo felice. La terra è morbida, ricoperta di radici ma è davvero un piacere camminare in queste condizioni. A volte il crinale occidentale crea uno sbalzo di molti metri sovrastando il sentiero e in quello spazio sono state create alcune grotte che sembrano davvero l’ingresso per il Regno degli Elfi.

 

Esco dalla foresta in prossimità di Cruz del Draguillo. Ho percorso 19 chilometri in meno di quattro ore, il tempo è davvero volato. È quasi l’una e le nuvole cominciano a diradarsi lasciando intravvedere la costa di Almaciga più giù di molte centinaia di metri. Proprio di fronte al cartello segnaletico incontro una giovane coppia che mi chiede informazioni sul bosco incantato: non hanno uno zaino con loro. Scambiando quattro chiacchiere scopro che sono alloggiati in una sorta di pensione nel villaggio di Chamorga, a meno di 2 chilometri di distanza.

Buttano lì la presenza di un bar, il che orienta immediatamente la mia scelta. Il sentiero per Chamorga è in discesa, molto facile e ci metto non più di un quarto d’ora per arrivare all’entrata del bar, che sembra più un refettorio dove alcuni locali si scambiano battute e bevono vino bianco.

 

A metà pomeriggio riparto seguendo le indicazioni per Roque Bermejo, ultimo avamposto abitato di Tenerife.

Il sentiero cala nel barranco tra una bellissima vegetazione di piante locali; attraverso campi coltivati e isolate dracene mentre si cala nel fondo del canale scavato dall’acqua e ora inaridito. L’ambiente è molto selvaggio, l’oceano si mostra e si nasconde ad ogni curva del sentiero.

Me la prendo davvero con calma, è l’ultima fatica di giornata. Sapere che a mali estremi posso risalire nell’abitato dii Chamorga per trascorrere la notte mi da molta flessibilità. Il tempo è decisamente migliorato anche se non c’è ancora traccia del sole.

Arrivo al villaggio poco prima delle cinque di pomeriggio. Ci sono una decina di edifici variopinti costruiti in prossimità della spiaggia; il paesaggio è bucolico e rilassante nonostante le onde si infrangano piuttosto rumorose sulla spiaggia.

Nei pressi dell’edificio principale, una struttura bianca a due piani con porte in lamiera blu, percepisco la presenza di persone nonostante la giornata inizi a volgere al tramonto.

Mi avvicino e comprendo che si tratta di un emporio dove è possibile acquistare cibo e bevande. Prendo una birra (per un solo euro) e mi siedo a parlare con il gestore dell’emporio. Se durante la stagione estiva nel villaggio rimangono a dormire dalle dieci alle venti persone, durante l’autunno solo lui e un altro custode condividono la solitudine e la vista dell’oceano.

 

La pioggia improvvisamente riprende a cadere piuttosto impetuosa: mentre comincio la seconda birra comprendo che può essere una buona occasione per trovare un posto per dormire. Offro cinque euro al gestore per poter restare sotto la tettoia che ci sta riparando dalla pioggia. Accetta con gioia, anche solo per avere un po’ di compagnia. Non vuole essere pagato però, e allora gli chiedo se gli va di vendermi qualcosa dall’emporio per cena.

Prima di mangiare la pioggia si ferma all’improvviso e il cielo sembra aprirsi: scalzo corro sulla sabbia nera e mi tuffo nell’oceano.

Giorno 2
Roque Bermejo – Afur 20.6 km
D+: 1,700 metri

Giornata che sarebbe dovuta essere defaticante e invece si è trasformata in un cammino di oltre venti chilometri, impreziosita dall’arrivo nella gola di Afur e nella selvaggia spiaggia di Tamadite.

Dopo una notte piuttosto agitata dal vento trascorsa nella piccola stanza adibita a magazzino dell’emporio di Roque Bermejo, saluto con una calorosa stretta di mano Josè, lo ringrazio per l’accoglienza e punto deciso verso il Faro di Anaga. Il cielo è della stessa intensità di grigio del giorno precedente, anche se le previsioni per il pomeriggio sembrano confortanti. Incontro subito una deliziosa chiesetta rosa con una palma davanti: tutto sembra deserto e abbandonato da tempo.

Il sentiero per il faro è largo, con ripidi tornanti e guadagna duecento metri di quota in poco più di un chilometro. Reca ancora le tracce visibili di una vecchia pavimentazione in pavè, segno che era una via piuttosto trafficata qualche decennio fa.

Il Faro di Anaga è costruito sulla vecchia torre di guardia di Roque Bermejo e si trova su una scogliera a circa 250 metri sul libello del mare. Sebbene mostri i segni inclementi del tempo e delle stagioni, l’edificio è davvero caratteristico, con una torre in muratura di dieci metri di fronte ad un edificio più basso, che immagino fosse l’abitazione dei guardiani del faro. È circondato da un balcone che permette di girargli intorno, però sigillato da una recinzione.

Continuo a camminare in direzione sud tenendo la splendida costa alla mia destra con la compagnia di un enorme faraglione nel mezzo dell’oceano, sino ad arrivare ad una segnaletica nelle vicinanze di un insediamento di pastori, Las Palmas.

Proseguo sul sentiero che rimane sulla scogliera e comincia a scendere progressivamente. È un cammino semplice in un panorama frastagliato e tinto di giallo autunnale: incontro pecore sparse abbarbicate sulle piccole creste e sento ogni tanto il fischiare lontano di qualche pastore, ma non incontro nessuno. La giornata è decisamente uggiosa, il cielo piatto ed è giorno feriale. Sento di avere il playground tutto per me.

Nel borgo di El Draguillo un cartello segnala le indicazioni per Cruz del Draguillo, dove sono passato ieri, a meno di un chilometro. Tanto girare e comunque è tutto alla portata.

Continuo la discesa e arrivo sul mare a Benijo intorno alle 11.30. Ho percorso otto chilometri appena, me la sono presa decisamente comoda. sembra un paese piuttosto grande, ci sono molte case, un parcheggio e un paio di ristoranti.

Molte persone passeggiano lungo la spiaggia, immagino in attesa dell’ora di pranzo.

Purtroppo il cielo è ancora coperto e la mia idea di un pranzetto di pesce all’aperto sotto il sole non potrà realizzarsi. Poiché è presto e non mi sento per nulla affaticato, proseguo sulla strada ampia fino al villaggio di Almaciga, dove c’è un chiosco che serve hamburger proprio di fronte alla bellissima spiaggia di sabbia beige spazzata dalle onde dell’oceano.

Decido di approfittarne in attesa di valutare le prossime mosse: sono comunque contento di togliermi per un po’ la zaino dalle spalle e le scarpe dai piedi.

Dopo mangiato continuo per un paio di chilometri sulla strada piuttosto trafficata fino a Taganana: un bel paesone con ristoranti, ostelli e un discreto numero di persone. Attraverso l’abitato per immergermi di nuovo nella solitudine totale, e proseguo su un traverso che sale fino all’insediamento di El Chorro, con la Cumbrecilla, una altura di 630 metri avvolta nella nebbia, sullo sfondo. Il sentiero costiero prosegue in lieve saliscendi sino ad un bivio che indica la deviazione per Playa de Tamadiste, uno degli obiettivi nella wishlist del mio trekking. Da qui in avanti il sentiero si fa più esposto, su pendici inclinate ricoperte di meravigliose piante d’agave. È un traverso panoramico, quasi a picco sull’oceano, reso ancora più spettacolare dalle nuvole grigie che promettono tempesta.

Superato un ultimo terrazzamento la spiaggia di Tamadiste si svela in tutta la sua ruggente bellezza. Nera e disseminata di ciottoli levigati dal vento, con gigantesche scogliere che ne incastonano l’insenatura nella parte sud occidentale.

Cammino avanti e indietro tra i sassi levigati fino alla fine dell’insenatura dove l’acqua si infrange con violenza sulla scogliera.

Mi fermo ad ammirare l’immensità della natura per più di un’ora; poi le prime gocce di pioggia mi ricordano che devo risolvere la questione ricovero notturno. Con questo tempo ballerino incline al temporale rimanere sulla spiaggia non pare una opzione praticabile: anche se un vecchio ricovero per pescatori abbandonato per un momento mi fa nascere una idea folle.

Invece risalgo per il barranco in direzione del piccolo villaggio di Afur dove spero di concludere la mia giornata gloriosa. Il sentiero si sviluppa sulla destra del vallone e supera alcuni canneti asciutti prima del piccolo fiume di esigua portata. Oltrepassato il fiume comincia a salire in modo deciso, alcuni pioli di legno aiutano nella salita. La gola è caratterizzata dalla presenza di una serie di costoni che scendono verso il fondo rendendo particolarmente tortuoso il percorso. Impiego una buona ora per risalire con calma fino al villaggio di Afur, completamente deserto.

Questa risalita piuttosto impegnativa ha decisamente stroncato ogni mia ulteriore resistenza: supero la bella chiesetta bianca e trovo una casa piuttosto nuova sul retro, non abitata ma con una tettoia che può fare al caso mio per la notte.

Giorno 3
Afur – Punta del Hidalgo 17 km
D+: 1,460 metri

Terzo e ultimo giorno del mio trekking nel Parco Rurale di Anaga e la giornata si apre – finalmente – con le promesse di bel tempo. Ho intenzione di arrivare nel paese turistico di Punta del Hidalgo dove ho prenotato una casa su Airbnb; non vedo l’ora di dormire in un letto vero, la mia schiena è davvero malconcia!

Il sole mi ispira a scendere di nuovo alla spiaggia di Tamadiste con una vaga intenzione di tuffarmi in acqua. Il sentiero nel Barranco di Afur che mi aveva affaticato fa tutto un altro effetto in discesa e in mezzora arrivo alla spiaggia mentre il sole dilaga sulla gola alle mie spalle.

Il mare è comunque molto mosso, e rinuncio ai miei propositi risalire sulla sinistra del costone verso l’altura Roque de Taborno, in una gola arida e piena di cactus che il GPS indica come Barranco de Palos Hincados. Più che un sentiero è una traccia, forse percorsa da pastori, e si sviluppa alla destra del letto di quello che oramai è solo un ricordo di un fiume.

Alert: NON percorrete questo sentiero, anche se siete escursionisti esperti. È noioso e sfinente. Se vi trovate alla spiaggia di Tamadiste e volete arrivare a Taborno piuttosto risalite ad Afur da dove potrete arrivare a Taborno con una comoda strada pavimentata.

Più guadagno metri, e più risalire diventa pericoloso. Impiego oltre un’ora di fatica e grande attenzione, spesso impedito dallo zaino, per arrivare ad un plateau da cui la vista sulla costiera è incantevole. Alle mie spalle, il particolare picco della Roque de Taborno. É una roccia entusiasmante: una torre alta 50 si erge sopra un piccolo altopiano che sorge direttamente dall’Atlantico per 600 metri.

Rimango appollaiato sull’altopiano per un’ora abbondante, ad ammirare il sole dilagare sull’acqua della costa nord-occidentale di Tenerife; sullo sfondo il faraglione triangolare che mi aveva accompagnato ieri nella discesa verso Benjio. Un vento intenso comincia a spostare un fronte nuvoloso dall’entroterra in direzione del mare, coprendo il sole e invitandomi a riprendere il cammino.

Dopo aver raggiunto la sommità della roccia su un ripido pendio, riparto in direzione del villaggio di Taborno su un sentiero escursionistico semplice, circondato da piante di cactus ed euforbia, praticamente in piano.

Arrivo al villaggio in mezz’ora e dopo aver oltrepassato la solita chiesa di ordinanza una piccola folla assembrata davanti ad un edificio attira la mia attenzione: scoprio un ristorante francese dal nome curioso: Historias Para no Dormir. Un ristorante francese in un villaggio sperduto del parco di Anaga! Come non provarlo dato che è proprio ora di pranzo.

Mangio una bisteccona con patatine e una deliziosa tarte tatin. Satollo e pieno di energia mi preparo ad affrontare l’ultimo tratto del mio trekking; il lungo avvicinamento a Punta del Hidalgo.

Seguo la strada asfaltata per mezzo chilometro fino ad un tornante dove scorgo una traccia con l’indicazione per Las Carboneras. Devo scendere in una gola per un centinaio di metri e risalire sull’altro lato della montagna. Il colorato paese di Las Carboneras si trova sul versante di fronte a me ed è facile orientarsi anche se la foresta è piuttosto intricata.

Voltandomi, posso ammirare una vista su Las Carboneras e sulla foresta di Anaga da lasciare senza fiato. Il verde scuro dei boschi di laurisilva è punteggiato qua e la dai vivaci colori delle case degli insediamenti abitatiOltrepassato il villaggio rimango sulla strada asfaltata ad una corsia per raggiungere Chinamada da cui comincio la lenta discesa verso il mare da cui comincio la lenta discesa verso il mare all’interno di un barranco che scende ripidissimo con alcuni tratti strapiombanti di selvaggia intensità.

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